“L’uomo è un animale sociale” (o era politico? O era implume?). L’aveva definito così, se non erro, prima del rischio di default, un qualche filosofo greco. Il gentiluomo dovrebbe essere un uomo più consapevole degli altri del proprio ruolo, e più attento agli altri per quanto riguarda una realizzazione nella società che non si limiti alla birrozza con gli amici guardando la partita in TV. Ne emerge una relazione con l’associazionismo, che può portare tanto a efficacissimi successi, quanto a rovinose disfatte in quanto a stile ed eleganza.
Di associazioni è pieno il mondo e ce ne sono per tutti i gusti: religiose, cavalleresche, politiche, benefiche, culturali, snob. Alcune hanno cravatte sociali ed una lunga storia, altre spille e distintivi, altre ancora croci, onorificenze e fasce da frac. Qui le accorpiamo tutte, indistintamente. E allora come si può orientare chi di fronte ad una così vasta offerta non sa se entrare in Amnesty International, tesserarsi ad un circolo Arci, diventare un socio Rotary o iscriversi all’associazione degli amici della penna della biblioteca sotto casa? O ancora diventare un confratello Massone e conoscere l’Acacia?
Fondamentalmente l’associazionismo è un bene. E’ un modo in cui la società civile si organizza (senza le spiacevoli sovrastrutture statali e burocratiche, che bisogna sempre guardare un po’ con sospetto – personalmente escluderei dal novero delle associazioni “frequentabili” tutte quelle che vivono di fondi pubblici, fortunatamente sempre meno) per perseguire delle finalità specifiche e il gentiluomo non dovrebbe mai essere (salvo il caso – eventualmente – del dandy) chiuso nel suo guscio ed incurante di ciò che lo circonda. Però come in tutte le cose ci sono gli entusiasti, e capitano i pastrocchi.
Ecco quindi cosa non bisogna fare o come non bisogna essere quando si fa parte di un’associazione: in cinque punti.
1. Evitare il proselitismo coatto
Non siamo Testimoni di Geova (e mi dispiace, se lo siamo è incompatibile con la frequentazione di questo blog, non c’è discriminazione ma è una constatazione oggettiva: non verrebbero apprezzati i miei consigli) e non siamo commerciali della Folletto (che sono benvenuti in questo blog, invece, ma non per vendere). Quindi se siamo in un’associazione e attivi nell’associazionismo, dobbiamo conoscerla e tutto quanto, non nascondere mai la nostra appartenenza ed, anzi, mostrarne discretamente i segni (es. spilla), ma non dobbiamo martellare chiunque conosciamo perché si associ anche lui. Anche se sarebbe tanto bello se lo facessero, e ci si vedrebbe di più, e tante belle cose.
2. Non ricercare l’onnipresenza nell’associazionismo
Di Dio ce n’è uno solo, salvo che non siate politeisti e allora potete ritenere ce ne siano molteplici (che comunque non siete voi), quindi è impossibile essere ovunque. Al di là di varie problematiche che nascono dall’appartenere a troppe associazioni, non è elegante essere come il prezzemolo. Ci sono stati periodi in cui mi sono lasciato un po’ trasportare dalla passione per le pubbliche relazioni e mi sono iscritto su troppi fronti, ma ne sto uscendo: scegliete qualche associazione che corrisponda agli scopi che per voi sono veramente importanti e dedicatevici. Ovvio che se una riguarda il golf, l’altra la beneficenza, l’altra ancora la chiesa in cui andate la domenica non c’è incompatibilità, ma ricordatevi sempre che se date la vostra presenza dovete esserci. Salvo non siate già così tanto “autorevoli” da risultare dei must-have, e allora avete la coda dietro di gente che vi fa soci onorari di qualsiasi cosa.
3. Non scivolare nell’ignavia
Un aspetto della mancanza di motivazione nell’aderire a progetti sociali, di associazionismo, o di aderire a troppi è l’assoluta passività rispetto al senso di appartenenza. Non ha senso: se siete iscritti alla scuola di Canottaggio X, che è nemica della scuola di Canottaggio Y, allora è giusto che siate schierati fieramente dalla parte di X, con tanto di insegne sociali da qualche parte sul blazer e linguacce e pernacchie alla controparte. Bisogna sempre essere fieri di ciò che si sceglie (altrimenti non sarebbe giustificato l’averlo scelto), ma soprattutto bisogna garantire quel “minimo sindacale” di partecipazione (pagamento quote, presenza alle assemblee) che vi renda valori aggiunti per la compagine sociale e non individui invisibili, trasparenti, o addirittura delle zavorre.
4. Non abbandonarsi all’ossessione dell’associazionismo
Sul fronte opposto, ricordate che la vostra ragione di vita è un’altra. Potreste benissimo fare a meno dell’associazione che aiuta quel gruppo di bambini in quell’orfanotrofio se partiste e ve li portaste tutti a casa. Non lo fate perché non è compatibile con il vostro tipo di vita. Ecco, allora ricordatevi che neanche accanirvi per fare carriera in un’associazione, sgomitando e tirando fuori ciò che di peggio c’è nell’animo umano lo è. L’ossessione, purtroppo, nasce da un miscuglio intrigante di ambizione, frustrazione e mancanza di ironia: si vuole eccellere, e ci si trova in un ambiente comunque ristretto e semplificato rispetto al “mondo là fuori” (dove eccellere è ben più impegnativo) e allora ci si comincia a prendere tutto (soprattutto la propria “carica”) veramente sul serio. E ci si trasforma in pazzi che con uno scolapasta in testa credono di essere Napoleone.
5. Fuggire dall’incoeranza
Ho visto cose divertenti: fieri Massoni appartenere ad Ordini religiosi prestigiosi; personaggi professionalmente in politica far parte di associazioni di segno diametralmente opposto; persone ignoranti come capre costringersi a sessioni di noia estrema, quasi da World Record, solo perché faceva figo. Tutte cose da evitare: ora non dico che se non siete i più ferventi cattolici non potete far parte di un’istituzione legata al mondo clericale, alla tradizione cristiana o a tutto ciò che le orbita vicino, anzi. Dico solo che se scrivete pamphlet su come bisognerebbe bruciare i preti forse state sbagliando qualcosa nell’allineamento dei vostri neuroni, e alla fin fine viene fuori. Va bene avere più bandiere e più stendardi, ma bisogna sempre scegliere da quale schieramento si affronta una battaglia: non vale stare su entrambi i fronti.
Chi indubbiamente vince su tutti è chi appartiene ad un Club esclusivo, con uno spazio fisico in cui ritrovarsi ed essere servito e riverito. Un lusso che alcuni nobili ancora si permettono, ma anche parecchi golfisti e simili: in questi casi l’associazionismo diventa più un mero allineamento sociale alla propria “classe” di appartenenza che profuma di isole britanniche e l’unica regola residua è: evitare l’affanno. Se ci sei e lo apprezzi, goditelo e ricordati del Circolo Pickwick e di quanto fossero atmosfere divertenti, altrimenti non sgomitare. Può essere ingiusto, può essere perché hai qualche nemico dall’altra parte che rientra in una delle casistiche sopra descritte (soprattutto “l’ossessione”), può essere semplicemente che per qualche motivo a te più o meno noto “non sei degno”. Ad ogni modo renditene conto con realismo e vivi senza: magari un giorno verrai invitato e non ti interesserà più, oppure capirai che non ci eri proprio tagliato, oppure finalmente otterrai quello che era un timido desiderio, senza esserti dannato per anticiparlo. Life goes on, l’importante è che tu abbia sempre un sorriso a disposizione del tuo prossimo (con o senza associazionismo).
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