Anzi, se c’è qualcosa di veramente ma veramente democratico è il concetto di eleganza/educazione: il livello di ricchezza estende solo la portata degli atteggiamenti positivi (o negativi) a maggiore distanza dal soggetto che ce l’ha. E allora alcuni chiari messaggi:
- se sei ricco, e sei cafone, è il peggio. Dimostri di non aver dedicato all’attenzione per gli altri (ricordiamo che eleganza = rispetto esteriore per il prossimo, educazione = rispetto interiore per il prossimo) neanche un secondo della tua sfavillante vita. Vali come una bellissima scatola vuota.
- se sei povero, non ti dar per vinto. La storia è piena di esempi di grandi cadute, e anche se “socialmente” è difficile dire di un barbone “com’è elegante“, c’è la possibilità che anche le bocche più snob si lascino sfuggire un “quanta dignità“. I due concetti, in realtà, anche se le parole sono diverse, combaciano. Un barbone, intanto, è un clochard, e poi a volte sa essere molto più elegante di un Very Important Pirla o di un parvenu.
- essere snob equivale ad essere dei cafoni. C’è chi padroneggia perfettamente l’educazione formale (mi alzo se entra una signora, le faccio il baciamano, non sono mai né overdressed né troppo sciatto ecc.) e l’eleganza, ma nonostante questo si perde poi dietro un ruolo sociale che prende troppo sul serio. Si tratta di chi ha la puzza sotto il naso e scimmiotta quella borghesia in cerca di affermazione estinta con il mondo pre-industriale. Affannosi personaggi – che per me non meritano alcuna compassione – che cercano di equivalere a chi sta “gerarchicamente” sopra di loro nella scala della figaggine di un posto (città, Stato, continente), ostentando disprezzo o volgare indifferenza verso chiunque si sentano in grado di ritenere inferiore. Molto molto parvenu anche questo, non per nulla se volete veramente conoscere il carattere di una persona, fategli versare addosso un caffè da un cameriere e vedete come reagisce.
- infine, se abbiamo definito gli snob (che l’etimologia vorrebbe essere i “sine nobilitate”, appunto, i non nobili che s’atteggiano) rivolgiamo un cenno ai nobili e alla nobiltà. Questa misteriosa categoria, che non si è estinta anche se è entrata a far parte di quell’amalgama indefinita che è la società contemporanea (in cui non ci sono più altri confini se non quelli dettati dal denaro o dalle conoscenze, spesso portate dal denaro), è stata intesa e vissuta in modi molto differenti. Userò però per dirvi come la intendo io, positivamente, le parole che mio padre (buonanima) ha sempre speso per descriverla: “la nobiltà è la capacità di mettere sempre a proprio agio chi si ha davanti, che sia il proprio re o l’ultimo dei servitori“. Al di là delle funzioni sociali del momento, siamo tutti esseri umani, e anche la “leadership” che la nobiltà aveva in passato non era necessariamente da esercitare col ferro e col fuoco. Anzi.
Poi nulla toglie che si frequentino normalmente le persone più simili a noi, che oggettivamente hanno una vita dal livello qualitativo omogeneo e rendono possibili esperienze comuni e vissuto parallelo. Ma la questione, alla base di tutto, è renderci conto che non importa nulla della ricchezza per gli argomenti che trattiamo: è un di più e, soprattutto, è un di più che può assumere un senso per tutti solo quando ci sia dietro ad un bel conto economico anche un atteggiamento corretto. Altrimenti fomenteremo sempre quella lotta tra classi che ha fatto la fortuna di tanti rivoluzionari del secolo scorso e che non ha ancora portato da nessuna parte.
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