Gli occhiali da sole sono un accessorio estivo, ma spesso e volentieri si affacciano più sul mondo del fashion che su quello dell’utilità. E come sempre accade quando ci si mette in mezzo il fashion, generano mostri. Ecco come fare a non apparire ridicoli o, per lo meno, per sapere che storia c’è dietro: perché se le lenti scure le usassimo tutti per quel che servono, cioè per aver meno fastidio con la luce intensa del sole, non ci sarebbero problemi.
Spesso ciò che si ignora è che dietro ad usi e costumi, dietro alle consuetudini modaiole, ci sono dei motivi dimenticati. Un esempio che trovo sempre molto edificante ed emblematico, quando vedo dei ragazzi andare in giro coi pantaloni bassi, quelli a metà sedere, che lasciano “intravedere” mezza mutanda, è sull’origine di una moda che – se gli stessi ragazzi ne avessero contezza – probabilmente li spingerebbe a comprarsi delle bretelle molto corte e ad andare in giro con pantaloni ascellari per il resto dei loro giorni. (VM14) Per la cronaca, nelle carceri americane, i carcerati che volevano – ehm – far sapere di essere “disponibili”, senza bisogno della famigerata saponetta ma con esplicita volontà di ricevere protezioni e favori, dovevano farlo capire agli altri detenuti e non alle guardie. Così portavano i pantaloni un po’ abbassati, se non per provocare almeno per indicare che c’era spazio per interessi poco (o molto, a seconda dei punti di vista) virili. Poi qualche rapper che voleva fare il tosto e fingersi ex carcerato ha portato oltre le sbarre l’usanza e, con il pecorame che siamo, tanti emulatori hanno diffuso l’uso anche da noi. I latini li chiamavano “paticus” e niente di male, per carità, ma sarei curioso di sapere quanti di questi che si atteggiano con la vita bassa sanno in realtà cosa il loro abbigliamento simboleggia.
Tornando a noi, gli occhiali neri sono stati a lungo simbolo di una protesta sociale e sociologica. E’ evidente che la buona educazione tuteli il contatto visivo tra gli interlocutori e che quindi elimini qualsivoglia forma di barriera artificiale. Non si dovrebbe neanche chiedere una granita con un occhiale a specchio in mezzo: per il semplice fatto che chi abbiamo davanti non può capire se lo stiamo guardando negli occhi, se stiamo esprimendo scherno o stima con il nostro sguardo, o se stiamo scansionando le natiche della sua ragazza poco più in là.
Gli occhiali neri, particolarmente distintivi del popolo italiano nel mondo (quante prese in giro mi son sentito fare da amici di tutta Europa per l’uso smodato dei miei connazionali di fingersi semi-Vip) sono stati promossi in maniera eccezionale dai divi di Hollywood. Già, perché le varie star non volendo farsi riconoscere e non potendo fare come Clark Kent (cioè imbrillantinarsi e mettersi una tutina azzurra in una cabina telefonica per non essere più identificabili), tendevano già diversi decenni fa ad occultarsi il volto come potevano. In più, siamo figli di un’epoca, ancora novecentesca, in cui era cool dissimulare emozioni e stati d’animo: l’evoluzione del bluff eletto a sistema, a partire dagli anni Sessanta, per cui l’impassibilità ed il distacco venivano fortemente semplificati dallo schermo a specchio di lenti colorate (cfr. “American Cool” di Peter Stearns, 1994).
Insomma, gli occhiali neri nascono come una provocazione, una sfida all’ordine costituito del classico e dell’eleganza, ma attraverso varie icone (un esempio su tutti i Blues Brothers) diventano simbolo della stessa eleganza che nascono per contrastare.
E allora, come comportarsi, come usarli? La regola unica e indelebile è quella del Galateo che ha sempre una motivazione recondita dietro ai suoi assiomi: come il cappello, gli occhiali scuri si devono togliere al chiuso (altrimenti significa che si è in procinto o si desidera andarsene). Come il cappello, quando si parla con qualcuno sono da abbassare. Anche se ce ne sono di magnifici e suggestivi, che stanno perfettamente nella cornice del nostro volto e che vorremmo portarci pure andando a dormire, se la situazione non prevede una piena illuminazione degli occhi, sono comunque sempre preferibilmente da togliere.
Da quando sono diventati uno status symbol di massa, insomma, il principio per cui “metto gli occhiali neri così non mi riconosci, e non mi riconosci perché non voglio seccature” è superato. Inutile che ve ne dispiacciate… anche se la bianca neve o la nebbia creano riverberi fastidiosi, avrete altre occasioni per utilizzarli, e comunque potete sempre tenerli appesi al taschino della giacca o sull’ultimo bottone aperto della camicia: pronti per l’uso, belli in modo assurdo come li avete scelti, ma non fastidiosi o ridicoli come pantaloni abbassati dimentichi del significato originario che avevano.
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