A chi non è mai successo di trovarsi ad una bella tavolata e, per qualsiasi motivo, proporre un brindisi? Un “toast” per dirlo all’inglese, cioè un reciproco battere di calici ed un augurio rivolto ai commensali. O rivolto a chissà chi. Ecco, ci sono regole di comportamento in questo caso, o si va ad istinto? Per capirlo, è utile sapere quale sia l’origine dell’usanza…
Non staremo a fare la storia di uno dei momenti che, oggi, sono maggiormente diffusi tra le coppiette che si perdono vicendevolmente nello sguardo dell’altro: l’immagine è evocativa e quasi inflazionata. Lei e lui, il tramonto alle spalle, un tavolo elegante di un posto carino, la frappeuse col ghiaccio e lo champagne… qualche promessa o qualche parolina sussurrata, e poi le due flûte del dorato ed imperlato liquido si incontrano, loro stessi come due amanti, facendo dlin e suggellando promesse implicite d’amore.
Ma è divertente sapere che l’origine della diffusissima usanza è tutt’altro che romantica. Siamo nel Medioevo, la gente nei borghi mangia salato e speziato (perché il sale conserva gli alimenti e le spezie coprono i cattivi odori della putrefazione) ed ha quindi una gran sete. Non si beve tanta acqua perché è difficile esser sicuri che sia pura e potabile, così ci si rifugia in un consumo massiccio di birra, vino e idromele. Già, il problema dell’alcolismo attuale non è poi tanto attuale. Ebbene, i monasteri (che erano avanti, all’epoca) si specializzano e diventano i migliori produttori (e le birre trappiste ancora oggi lo dimostrano), mentre nei paesi la gente ad ogni occasione si ritrova e si riempie di alcohol. Nel farlo, però, c’è anche un approccio culturale diverso dal nostro: è un’epoca dominata dalla superstizione, e anche l’incrollabile fede cristiana è spesso venata di credenze antiche, tutt’altro che “ortodosse”. Una di queste è che i demoni entrino nei corpi umani, per spingerli al peccato o per tentarli, o per impossessarsene (tipo l’Esorcista, credo) attraverso la bocca aperta.
Come scacciarli quindi? Semplice, facendo chiasso! E così il battere di coppe rumoroso, l’una contro l’altra, il ridere subito dopo e lo scambiarsi auspici, crea un contesto in cui i demoni, infastiditi, se ne stanno a casa loro sotto terra e non entrano in bocca agli ubriaconi.
Così è nato il brindisi, bene o male, e da questa origine tutt’altro che aulica, possiamo comprendere alcune implicazioni di bon-ton.
Mai cercare il protagonismo
Intanto in occasioni molto formali, se siamo invitato alla festa di qualcuno e non siamo amici intimi, se non conosciamo bene tutti i commensali, lasciamo che sia il “leader naturale” del gruppo a proporre – eventualmente – dei brindisi. Non è carino tirarsi indietro, e possiamo partecipare alla “scacciate dei demoni” tutte le volte che ci viene proposto, ma lanciarci in prove di retorica non richieste è molto poco elegante. Se siamo al compleanno del nostro migliore amico, circondati da compagnoni di vecchia data, è invece ovvio che sia il caso di metterlo in imbarazzo con qualche aneddoto divertente. I gentleman amano il senso dell’umorismo.
Colpire nel segno
Ormai i demoni si son fatti pigri, o non entrano necessariamente dalla bocca, così la necessità di sfasciarsi i bicchieri gli uni contro gli altri è venuta meno. Basta un tocco delicato, orizzontale e parallelo all’altro bicchiere (senza strani accavallamenti perché su quello le più disparate tradizioni si sono prodigate ad interpretare significati: se colpite con la base del bicchiere la parte alta del bicchiere altrui per alcuni è un insulto, ecc.) e, per cortesia, uno sguardo diretto alla persona con cui state brindando. Anche se c’è casino e siete in otto, non importa, tanto il vostro bicchiere bene o male ne toccherà un altro alla volta.
In più, per chi veramente voglia conformarsi al bon-ton più evoluto, o meglio di stampo “vittoriano” (sotto sotto sono un compagnone, quindi come giustifico la scarpetta, giustifico anche il tintinnio dei bicchieri), c’è anche un suggerimento che semplifica le cose: come per il baciamano si accenna al contatto, senza realizzarlo. Niente dlin e niente esclamazione – ritenuta da alcuni volgare al pari del “buon appetito” – tipo “À votre Santé”, “Gesundheit”, “Salut”, “Prosit”, “Cin-cin” e chi più ne ha più ne metta. In realtà la cosa si spiega con l’utilizzo, nelle classi dalla media borghesia in su, di “bicchieri buoni” per le occasioni speciali: spesso fatti di finissimo cristallo, spesso possibili da rompere anche con uno sguardo troppo penetrante: figuratevi a sbatterli gli uni contro gli altri. Immaginate qualcosa di più antipatico di essere ospiti da qualcuno e far la figura dell’ubriacone che spacca il bicchiere per fare un brindisi?
Deformazioni professionali
Se ovviamente il gruppo è più ampio, e il brindisi si trasforma in una sorta di grido dei Moschettieri “Tutti per uno, uno per tutti!” allora lo sguardo si può rivolgere direttamente al centro del cerchio che si sta venendo a creare con l’avvicinamento di tutti i bicchieri. In questo caso non importa toccare ogni singolo altrui bicchiere con tanto di sguardo rivolto al commensale con cui si brinda (cosa che mi ricorda sempre tantissimo il “Pace e bene” a Messa: non vi è mai capitato di avere un imbarazzo, per qualsiasi motivo ingiustificato, a stringere la mano a quello della fila dietro e non voltarvi sentendovi però anche immensamente in colpa? Ecco, se saltate qualcuno durante un brindisi fate esattamente quella stessa cosa lì), l’importante è avvicinarsi alla catarsi di gruppo con consapevolezza ed un tasso alcolico che permetta ancora l’autocontrollo.
Poi ci sono varie declinazioni nate dai tempi orribili che stiamo vivendo:
ad esempio, se i bicchieri sono di plastica, e quindi non possono emettere alcun rumore per spaventare i demoni, si usa far collidere, come punto di contatto, le proprie dita che sono più solide della plastica/carta, ricreando così una sorta di intimità tra le parti ed evitando che il debole contenitore collassi su se stesso, imbrattando chiunque sia nell’area di alcuni metri;
oppure alcuni, prima di bere e dopo aver brindato e guardato negli occhi la controparte, aggiungono il rituale di battere il bicchiere sul tavolo. Il che fa molto piratesco, o molto russo, e mi evoca sempre l’immagine di un lancio successivo del bicchiere stesso (bevuto rigorosamente alla goccia) nel camino più vicino. Ovviamente è un atteggiamento simpatico, che va bene in occasioni assolutamente informali, ma è da evitare in quelle che richiedono più compostezza. Di scaramanzia ne basta una, all’origine di tutto, e non ha senso rincarare la dose.
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