Mi è già capitato una volta di aver bisogno di creare un neologismo, per descrivere uno stato d’animo che vivo spesso e che non ha una parola corrispondente: l’entrienza. Oggi sono di nuovo qui a voler descrivere un qualcosa che è molto sfumato, ma ben preciso nella mia mente. Anche qui, senza lunghi giri di parole, non c’è un’espressione puntuale: è il gentlemean.
Il gentleman è comunemente definito come: «Uomo di modi signorili e irreprensibili; com., signore (per indicare persona di sesso maschile, di cui non si conosca il nome); in passato, cittadino inglese di buona posizione sociale, intermedia tra l’aristocrazia e la borghesia, garantita dal percepimento di una rendita personale.»
Insomma, il gentleman è il moderno cavaliere stilnovistico, raggiunto però da secoli di stratificazioni comportamentali. E’ un uomo gentile, che incarna valori positivi: altrimenti non si parlerebbe di gentiluomo, ma di galantuomo (che invece è solo affettato ed educato, in particolare nei confronti del gentil sesso, ma interiormente ha poca sostanza).
Per me, il gentleman è quindi un complesso ed equilibrato dosatore di elementi omogenei ma distinti: eleganza, educazione, fondamentale aderenza ad un modello valoriale di tipo vagamente tradizionalista, ma sempre e comunque ben consapevole della realtà in cui si colloca. Il dandy può vivere nel passato e nell’arte, il gentleman no: può essere un cultore di entrambi quei mondi, ma deve anche sapersi comportare in società e non vivere chiuso in un castello dorato. Quello è il giovin signore di Parini, non un gentleman.
Oggi, di gentleman quindi ce ne sono pochi: basti pensare che, per come la vedo io, il gentleman difficilmente potrebbe esimersi dall’interessarsi alla vita pubblica, anche politica. E potete immaginarvi, al momento, un contesto più volgare e svilente? Oppure, se non bastasse, il gentleman non deve essere né una persona avida, né una persona tirchia: le sue virtù si basano sulla generosità e un’amministrazione della ricchezza che non la veda mai come fine ultimo. Nel mondo in cui viviamo, spesso per potersi garantire quantitativi di denaro necessari e sufficienti per sopravvivere dignitosamente, bisogna essere o squali o stakanovisti. Ed entrambe le cose non sono da gentleman: ma senza soldi, il gentleman vede limitata in gran parte la sua capacità di agire, quindi lo rimane solo teoricamente e non attualmente… Insomma, detto papale papale, essere gentleman oggi è un gran casino.
C’è però una figura ben più frequente ed insidiosa, che si inserisce a metà tra il parvenù (il nuovo ricco che si compra il lusso ed è pacchiano) ed il signore: e potremmo definirlo il gentlemean.
Mean è un termine inglese che si può definire così: gretto, meschino; tirchio, spilorcio, avaro: he’s very — with tips, è molto tirchio nelle mance; sgarbato, villano; cattivo: don’t be so —!, non essere così sgarbato!; what a — thing to do, to say!, che cattiveria!; he can get very — when he’s drunk, può diventare molto cattivo quando ha bevuto; misero; miserabile, squallido |I feel —, (fam. amer.) mi sento male; mediocre; dappoco: and in the self-same inn, / a meaner woman was delivered / of such a burden, (SH. The Comedy of Errors) e nel medesimo alloggio, una donna di condizione più modesta fu alleviata d’un simile fardello |no —, molto abile, bravo, non dappoco: no — scholar, studioso di valore; to have no — opinion of, avere un’alta opinione di; basso, spregevole; volgare: he is of — birth, è di bassi natali; this is a — insinuation, è una bassa insinuazione.
Insomma, tutto ciò che di più lontano possa esistere da un gentleman. Se qui si parla di forma come di estrinsecazione della sostanza, è anche vero che l’apparenza inganna. Per cui il gentlemean e quel personaggio che “appare” esteriormente come un gentleman, e per questo spesso riscuote un buon successo sociale, ma è in realtà corrotto in qualche suo aspetto fondamentale. Può essere il tipico broker da film americano anni ’80, il giovane rampante con bretelle che è pronto a sacrificare la propria madre per il proprio successo. Può essere un lascivo personaggio di mezza età, che dietro l’apparenza rispettabile coltiva nel suo intimo perversioni inconfessate. E’ una categoria ampia, che ricomprende infine anche chi sia così convinto di essere un signore da non avere mai un dubbio e da sentenziare e pontificare sul prossimo come un serpente sputa veleno.
Essere gentleman, per come la vedo io, è un percorso. Un po’ come la filosofia: non si arriva mai all’essere realizzati e compiuti. Ed è anche assai arduo definirsi da soli “gentleman”: è una di quelle caratteristiche che sono gli altri a notare una volta avvicinate, non che si dichiarano con protervia. Diffidate insomma da chi si definisce gentleman. E state attenti quindi a come vi muovete con voi stessi: trasformare quella vocale in dittongo e ribaltare il senso di ciò che si vorrebbe essere è un attimo, ma è l’attimo che segna il passaggio dall’armarsi a fin di bene al prevaricare il prossimo per egoismo e scopi malvagi.
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