La pochette (da taschino, ovviamente)

La pochette (da taschino, ovviamente)

La gran parte dei blog che trattano di abbigliamento amano i tutorial: normalmente il primo è su come annodarsi la cravatta ed il secondo su come piegarsi la pochette. Benissimo, non escludo che un giorno il mio ego cresca a sufficienza da montare un video in questo senso. Però, ciò che spesso manca, è capire il valore della pochette. Che, per inciso, è il valore di un oggetto assolutamente inutile.

Siamo abituati a dare un senso a tutto, anche agli elementi estetici. Di base, non è sbagliato: per l’educazione ad esempio, alla base di ogni formalismo ed abitudine c’è un motivo. Per il gusto invece, scegliere di indossare un qualcosa che non ha funzione, se non quella cromatica del “di più”, significa dedicarsi ad una scelta futile, da “amanti del bello”, da persone che hanno cura dell’apparenza (con i pro ed i contro del caso) e che non si limitano a coprirsi. Il che, a ben vedere, è un senso già di per sé.

Per concludere questa riflessione iniziale, c’è anche da dire che può essere utilizzabile sia in contesti molto formali, che in situazioni così poco formali da sconsigliare di indossare una cravatta. In quei casi, diventa sinonimo di “eleganza casual”.

Tipi di pochettes

Il fazzoletto da taschino ha un lato che varia dai 30 ai 45 centimetri, e si differenzia prevalentemente per il tipo di tessuto di cui è fatto. Determinate qualità di seta si adattano bene a differenti “basi” del taschino in cui si vanno ad inserire, così come il lino o il cotone (e le elencheremo qui sotto). A seconda della “consistenza” che la caratterizza, può essere consigliabile indossarla a sbuffo (in pratica, tutte quelle di seta), o piegata nei vari modi che spaziano dalle una/due/tre/quattro punte (se è di cotone ecc… e ne parleremo in futuro).

con una giacca sportiva di lana (quindi Tweed o Shetland ecc.) si abbina bene il raso di seta, che è leggero e dà luce all’opacità del tessuto che l’accoglie. Normalmente, in questo caso, l’outfit è da “campagna”, ovvero impostato su tinte calde e scure: per approfittare della lucentezza e non creare però troppo stacco, empiricamente si tenderanno a scegliere fantasie su base scura (bordeaux, che va a braccetto con i marroni, o blu, o verdone… e tra l’altro, è un po’ l’unico caso in cui adoro i motivi a paisley)

con una giacca sportiva di lino o cotone la consistenza adatta è data dal twill di seta. Si tratta di una seta più consistente per come viene intessuta, rispetto al raso, e quindi rimane “più a posto” nel taschino meno solido e rigido di quello di una giacca di lana

la pochette di lino o cotone va tendenzialmente bene sempre, anche se personalmente la trovo più appropriata quando bianca e contestualizzata in un completo blu o comunque classico: il rapporto da tenere in considerazione per perseguire il necessario equilibrio dei “pesi visivi” è comunque sempre tra lo spessore del tessuto della giacca e la “prepotenza” del fazzoletto (lo dico solo perché ho visto pochettes di cachemire, piuttosto che di altri tessuti “insoliti” e su quelli, se li si sceglie, bisogna ragionare senza “regole”).

Abbinare la pochette

Il punto intuitivamente “essenziale” è proprio quello dell’abbinamento cromatico. A parte l’accenno al paisley con il tweed e l’universalità del bianco, non bisogna mai dimenticarsi che:

la pochette non è in pendant con la cravatta: per cui se è uguale identica, come colori e come fantasia, non va bene. E’ un rapporto complicato perché, di contro, la cravatta è proprio l’elemento a cui è più frequente confrontarla. Il fatto è che essendo un pezzo di tessuto totalmente inutile che va ad inserirsi a coronamento dell’aspetto globale (una “ciliegina sulla torta” di sartoria), deve abbinarsi appunto all’aspetto globale. Quindi cercate pure dei richiami (la base colore, qualche elemento che vi piace ecc.) che la accomunino con la cravatta, oppure con la camicia, oppure anche con pantaloni o giacca: ma l’unica cosa che dovreste tenere a mente è che si tratta di un accessorio a sé, in armonia con tutti gli altri aspetti del vostro vestire.

Tenete infine a mente che non siete arlecchino e quella famosa anticipata regola dei tre colori. Derogabile, ricca di eccezioni, ma da aver presente inconsciamente quando ci si veste. Se la pochettes stacca veramente troppo e non è neppure smorzata dal movimento di una fantasia, rischia di ispirare qualcuno a portarvela via credendo di essere ad una gara di ruba-bandiera.

 

Curiosità

Se a livello attuale usare la pochette vuol dire che siete abbastanza sicuri di sapervi vestire da aggiungere il superfluo all’essenziale, a livello “storico” il significato diventa un po’ più altezzoso. La pochette infatti non è sempre, davvero, stata del tutto inutile: pare infatti che la sua diffusione sia diventata quasi “di massa” (dalla media borghesia in su) nel Regno Unito al tempo della rivoluzione industriale.

I Dandy l’avevano brillantemente promossa; i colori degli uomini erano passati dagli sgargianti costumi settecenteschi, ricchi di ori, viola, azzurri, rosa e chi più ne ha più ne metta, a varie gradazioni di grigio (cento sfumature, come sarebbe di moda dire) e non c’era grande spazio per un po’ di personalità. Ma, soprattutto, a Londra c’era puzza. Una puzza tremenda. Un po’ per questioni fognarie, soprattutto per le emissioni di grandi fabbriche e di tanta gente assieme che bruciava carbone. Così, i gentiluomini usavano tenere un fazzoletto di seta, nel taschino, su cui prima di uscire di casa spruzzavano un po’ di apposito profumo. Quando i miasmi erano irrespirabili, si coprivano le narici con il morbido tessuto e si “isolavano” (come i giapponesi in bicicletta con le mascherine) dagli odori esterni. Sarà vero? Non lo sarà? Di sicuro chiunque usi, come me, i mezzi pubblici, potrà però capirne l’utilità.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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