Il buffet è quella forma di servizio che si contrappone diametralmente al pasto placé. L’obiettivo di chi lo organizza è normalmente, oltre ad una riduzione di costi in personale e di spazi, quella di agevolare una socializzazione diffusa che, seduti a tavola, spesso si concentra solo con i commensali che ci si trova vicino. Ma in realtà, il buffet è un validissimo esperimento sociale.
Tra le varie attività che svolgo una, forse potrei anche dire la “principale”, è quella di giornalista. Per cui di buffet me ne intendo abbastanza: per esempio vi consiglio di preferire le conferenze stampa di istituti bancari o di fondazioni se volete uscire con la pancia piena, ed evitare gli enti pubblici.
Di sicuro, ho visto cose che è impossibile dimenticare. E con questo intendo anziane signore, all’apparenza distinte, rifilare gomitate violentissime sotto la cintura di uomini nerboruti che si facevano loro sotto per aggredire l’ambita tartina. O gente varia ed eventuale infilarsi in borsa (o in tasca!) scaglie di parmigiano, avanzi recuperati da piatti avanzati ed abbandonati su qualche superficie (!), o – e qui mi aspetterei una staning ovation – nascondere da qualche parte gelati da portarsi a casa, il che pone interrogativi sull’intera esistenza umana.
Di fatto, mi sembra possibile definire senza tema di smentita, il buffet è uno di quegli scenari in cui la vera natura dell’animale “uomo” viene fuori. E’ un ritorno all’istinto di sopravvivenza più primitivo, è l’apoteosi della filosofia “all you can eat” (ovvero più riesco a imbottirmi, più ammortizzo la spesa, o le spese future che dovrei affrontare per il mio sostentamento).
In più, il buffet è come internet: ti illude di garantirti l’anonimato. In realtà qualcuno ti guarda sempre ma “loro” non sapranno mai cos’hai mangiato tu, e quanto hai mangiato tu. Stiamo ovviamente parlando di buffet in qualche modo pubblici, nel privato si spera che le cose vadano diversamente.
Fatto sta che, per amor proprio, anche quando ci si trova di fronte ad un tavolo imbandito, ci sono alcune regole da tener presenti. Questo non è un articolo esclusivamente di bon-ton, anzi, è infarcito di abbondante senso pratico. Credo fortemente al fatto che gli individui rivelino, dal loro rapporto con il cibo, molti aspetti intrinseci di come sono veramente: e tendo ad adorare la buona cucina, essere onnivoro e migliorare l’umore con la pancia piena. Quindi non vi dirò: ai buffet tenete le mani in tasca e fate più conversazione possibile con chiunque abbiate intorno, diventando paladini delle PR. Anche perché, in molti casi, sareste prettamente dei rompipalle.
Vi dico anzi che “la vita è troppo breve per essere timidi ai buffet“. Il che va letto sia dal punto di vista dell’approvvigionamento, sia sociale. Non dovete puntare la tartina dei vostri sogni, quella proprio laggiù in fondo con il caviale, e uccidere chiunque si frapponga tra voi e lei: potete fare una battuta a chi vi sta davanti, o commentare il tempo con chi vi sta dietro. E, con leggerezza, continuare a nutrirvi.
Strategia
E’ compito di chi organizza il servizio di catering o comunque il buffet allestire una logistica di buon senso. Più “punti” di distribuzione, diverse buvette per salati, dolci, bevande, ecc. Soprattutto cibi che si possano mangiare senza bisogno di forchetta, coltello e virtuosismi da sala operatoria per essere resi edibili. Il tutto allo scopo di non far ammassare la gente in gironi infernali di dannazione e non creare panico. Ma è anche compito di chi si serve avere un approccio strategico. Cosa significa?
• non fermarsi una volta raggiunta la posizione. Questo accade spesso: capannello di persone che si mettono a chiacchierare bloccando l’accesso ad altri alla fonte del cibo. E’ fastidioso, ed è un po’ come marcare un territorio non nostro. In questo caso si meritano gomitate.
• non lasciar trasparire il proprio disagio. Anche questo è comune: prendo un piattino, sono pigro, lo riempio con sette piani di ogni tipo di alimento, dal prosciutto agli chantilly, e poi mi rintano in un angolo a consumare il bottino. No, il buffet si basa sul dinamismo, è un continuo e faticoso spostarsi, turbinare, essere attivi. Un po’ come un ballo.
• Non eccedere in gola né in anoressia. Se vi hanno invitati ad un buffet, è giusto che mangiate. Non dovete però dimostrare al mondo di morire di fame, per cui mangiate quanto avete voglia di mangiare, più per curiosità se c’è una buona varietà di offerta, che per appagare una fame atavica. Di contro, come dicevo prima, non mettetevi neanche solo ed unicamente ad attaccar bottone con gente che, legittimamente, vorrebbe mettere qualcosa sotto i denti, sviscerando i problemi del cosmo a mani vuote, come improbabili asceti.
• Mantenere invariati stile ed educazione. Il che vuol dire che “prima le signore” può valer anche in un buffet, così come lasciar passare persone anziane (e ridere sotto i baffi nei casi estremi in cui siano “professioniste da buffet”) o porgere il piattino, la posata o il bicchier di vino a chi vi sta di fianco. Il “mors tua vita mea” scatta per molti in automatico, ma se siete signori mantenete la calma ed il distacco e riuscite a non farvi trascinare nel turbine del conflitto armato.
Comportamento durante il Buffet
Approcciare il buffet è poi una questione personale. Certo è che dovete tenere presente che siete lì sia per mangiare che per parlare con esseri umani. Per cui:
• evitate di fare bocconi troppo grossi (è tipico l’uomo dell’anno o la donna della vita che arrivano con sorriso smagliante appena si è infilata in bocca un’immensa sezione di torta salata, che richiede almeno 80 secondi di masticazione frenetica prima di poterla deglutire, e vi ha pure unto le mani), cosa che dovrebbe corrispondere, da parte di chi organizza, nel servirvi cibi adatti al pranzo in piedi;
• evitate di emulare la dea Kalì. Avete due mani, se prendete 3 piatti, le posate e il bicchiere di prosecco, io vi guardo e rido. Perché salvo abbiate i piedi prensili come le scimmie e vi sediate per terra a banchettare, non ce la farete mai, salvo ci siano punti d’appoggio sufficienti. Per esempio io tendo ad evitare i piattini: tanto ai buffet le mani si possono usare, così scelgo i miei obiettivi prediletti e piroetto tra un tavolo e l’altro, attaccando con rapidità e chirurgia i miei target nei momenti in cui non sto parlando con qualcuno. O quando ho voglia di allontanarmi da qualcuno e «Scusa, vado ad assaggiare quegli ovetti di quaglia» è una scusa perfetta.
• prepararsi psicologicamente. E’ inutile dirlo, il buffet, salvo in ambienti limitati e protetti (per esempio ospiti a casa di un amico, con solo una quindicina di persone conosciute attorno), è impegnativo. E soprattutto non è “l’occasione di riscatto” alla propria indigenza: il cibo è al tempo stesso un pretesto, uno strumento ed un fine. Per cui bisogna tenere conto di tutti e tre gli aspetti: se siete lì è per il piacere di stare insieme e festeggiare, o per l’interesse al tema proposto, vi aggregate intorno a tavoli su cui potete spiluzzicare qualcosa, vi toglie quell’insostenibile volontà di andarvene e mangiarvi un abbacchio per sconfiggere il leggero languorino che in certe fasce orarie è inevitabile. Né più, né meno.
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